domenica 25 aprile 2010

sangue, o niente



a volte vorrei essere vecchio all'improvviso, e sapere come sono andate le cose. potermi girare indietro e, con la certezza fisica del ricordo preciso, sapere che le cose sono andate così, che io ora sono così perché le cose sono andate così. vorrei stringere le mie sopracciglia bianche e consumate per guardare indietro e vedere che tutto il mio passato è stato qualcosa che ho conosciuto, che ho controllato e vissuto, mentre cresceva e si evolveva, che mi vedeva crescere in armonia con il tempo avuto. accorgermi che il passato è esistito, che me lo sono portato addosso, sapere che non ne sono stato una facile vittima. vorrò poter dare un senso alla mia gobba, se ne avrò una, un senso alle mie rughe d'espressione, e sapere che se avrò segni indiscutibilmente da sorriso, sapere indiscutibilmente perché. vorrò sapere quali perplessità mi hanno rigato la fronte, quali dolori mi hanno stretto gli occhi, vorrò sapere chi mi ha consumato le mani.
vorrei poi saper dire dov'è finito in me stesso tutto ciò a cui ho assegnato un valore mentre accadeva - vorrei potermi dire che per quante cose ho dimenticato, avrò avuto un modo di pensare a mio favore, un mio angolo di spazio da cui guardare tutto il resto.
sapere di essere stato devoto alla mia umanità, alla ineludibile presenza essenziale che dobbiamo affrontare, fedele alla volontà che mi ha reso persona oltre che animale, di aver saputo avere uno sguardo pulito, una coscienza vera del mio intorno, di aver seguito la mia struttura.
sapere che una soluzione c'è stata, che uno staremo a vedere è andato a buon fine, sapere che qualcuno è stato dalla mia parte, che qualcuno ha capito quello che volevo dire, sapere che è successo talvolta di esser stato semplicemente bene. la sensazione di aver amato - in qualche istante - in modo limpido e vero.
verità. di averla almeno vista passare.
vorrei mettermi a posto qualche capello bianco o constatare serenamente di averli persi tutti, mentre guardo all'indietro, sapendo che un tempo ho saputo guardare avanti.
siamo noi, siamo siamo proprio noi, siamo tu, io, e tutti quelli che conosciamo, siamo dentro solo la nostra pelle, siamo solo sangue. sangue, o niente.



(Giulia and Pietro, brother and sister)

giovedì 8 aprile 2010



come edera intorno agli alberi cresci intorno alle tue malattie.
malattie per malattie.
le avvolgi - paterno - cercando di soffocarle, senza accorgerti che sono quello che sei, sei tu che parli di te stesso.
le avvolgi - paterno - credendo di soffocarle.
ti ferisci le piante dei piedi, scalando il tuo personale albero di squilibri.
ti aggrappi, ti aggrappi al suo tronco con le prime forze che trovi, fai della fede la tua logica / della logica la tua fede.
intanto le dita sanguinano e non riesci più a camminare.
è notturna e somiglia ad un cuscino e ad un soffitto buio, la sensazione di quanto poco serva il sole per vederti, di quanto poco quell'albero sia sicuro, di quanto le tue ferite sono ancora lì, aperte come da abitudine, come da abitudine ignorate, livide e fratture scomposte.

"prova solo a non temere questo buio nel letto la sera e, cercando di tenere la mano ferma, provati ad accendere un cerino per accorgerti poi che la spanna con la quale misuri la profondita' della ferita corrisponde alla stessa distanza che dista tra te e il tuo cuore."

fratture scomposte con cui ormai sai camminare senza sembrare uno zoppo che arranca.
le avvolgi - paterno - sperando di soffocarle, e non lo vedi, che ti manca il fiato?