giovedì 23 dicembre 2010

lunedì 22 novembre 2010



"to trust of his kisses, of his skin when it's with your skin, love is nothing more than this. it's you who confuse love with life."

sabato 6 novembre 2010

giovedì 4 novembre 2010






FAT ART GALLERY del CAOS – Centro Arti Opificio Siri
Terni, Italy.
Via Luigi Campofregoso, 98.

From 27/11/2010 to 16/01/2011
From Monday to Saturday, 10 AM to 8 PM.

TELEPHONE: +390744285946
FAX: +390744285946
stampa@indisciplinarte.it
www.caos.museum

Free admittance.
The works are avaible for purchase.

Ufficio Stampa Indisciplinarte
Luca Dentini
stampa@indisciplinarte.it

Federico Forlani
forlani.federico@gmail.com
federicoforlani.blogspot.com

mercoledì 20 ottobre 2010

mercoledì 13 ottobre 2010


we know where we are going.


we are shining. proudly.


we are sharing edges.
we have numbers. we remember names.
we are ordered. starting from the earth.


we won't be scared by what stand for us behind the corner.
we won't be scared by the end.

martedì 28 settembre 2010


chi vedrà, vivrà.

lunedì 30 agosto 2010








Noi abbiamo sogni; non è forse tutta la vita un sogno? – o piú precisamente: esiste un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, fantasmi ed oggetti reali? – L’addurre la minor vivacità e chiarezza dell’immagine sognata rispetto a quella reale non merita alcuna considerazione; dato che nessuno ancora ha avuto presenti contemporaneamente l’uno e l’altro per confrontarli, ma si poteva confrontare soltanto il ricordo del sogno con la realtà presente. Kant risolve cosí il problema: “Il rapporto delle rappresentazioni fra di loro secondo la legge della causalità distingue la vita dal sogno”. Ma anche nel sogno ciascun particolare dipende parimenti in tutte le sue forme dal principio di ragione, e questo si rompe soltanto fra la vita e il sogno e fra i singoli sogni. La risposta di Kant potrebbe quindi essere formulata cosí: il lungo sogno (la vita) ha in sé connessioni costanti secondo il principio di ragione, ma non le ha coi sogni brevi; sebbene ciascuno di questi abbia in sé la stessa connessione: fra questi e quello è adunque rotto il ponte, e in base a ciò si distinguono tra loro.
[...] L’unico criterio sicuro per distinguere il sogno dalla realtà è in effetti quello affatto empirico del risveglio, col quale in verità il nesso causale fra le circostanze sognate e quelle della vita cosciente viene espressamente e sensibilmente rotto.
[...] Calderon infine era preso cosí profondamente da questo pensiero, che cercò di esprimerlo in un dramma, che in un certo modo è metafisico: La vita è sogno.
Dopo tutti questi passi di poeti sarà concesso anche a me di esprimermi con una similitudine. La vita e il sogno sono le pagine di uno stesso libro. La lettura continuata si chiama la vita reale. Ma quando l’ora abituale della lettura (il giorno) è terminata e giunge il tempo del riposo, allora noi spesso seguitiamo ancora pigramente, senza ordine e connessione, a sfogliare ora qua ora là una pagina: ora è una pagina già letta, ora una ancora sconosciuta, ma sempre dello stesso libro. Una pagina letta cosí isolatamente è invero senza connessione con la lettura ordinata: tuttavia non rimane molto indietro a questa, se si pensa che anche il complesso della lettura ordinata comincia e finisce parimenti all’improvviso, e si deve quindi considerare solo come un’unica pagina piú lunga.
Anche se, dunque, i singoli sogni sono distinti dalla vita reale in quanto non entrano in quella connessione dell’esperienza, che costantemente continua per tutta la vita; anche se il risveglio rivela questa differenza; tuttavia è proprio quella connessione dell’esperienza che già appartiene, come sua forma, alla vita reale ed il sogno stesso mostra anch’esso una connessione, che si trova a sua volta in se stesso. Se, dunque, per giudicare scegliamo un punto di riferimento esterno ad entrambi, non troviamo nella loro essenza nessuna distinzione precisa e siamo cosí costretti a concedere ai poeti che la vita è un lungo sogno.

A. Schopenhauer

mercoledì 18 agosto 2010




"Nessun essere, eccetto l'uomo, si stupisce della propria esistenza; per tutti gli animali essa è una cosa che si intuisce per se stessa, nessuno vi fa caso. Nella pacatezza dello sguardo degli animali parla ancora la saggezza della natura; perché in essi la volontà e l'intelletto non si sono ancora distaccati abbastanza l'uno dall'altro per potersi, al loro reincontrarsi, stupirsi l'uno dell'altra. Cosí qui l'intero fenomeno aderisce ancora strettamente al tronco della natura, dal quale è germogliato, ed è partecipe dell'inconsapevole onniscienza della grande Madre. Solo dopo che l'intima essenza della natura (la volontà di vivere nella sua oggettivazione) s'è elevata attraverso i due regni degli esseri incoscienti e poi, dopo essere passata, vigorosa ed esultante, attraverso la serie lunga e vasta degli animali, è giunta infine, con la comparsa della ragione, cioè nell'uomo, per la prima volta alla riflessione: allora essa si stupisce delle sue proprie opere e si chiede che cosa essa sia. La sua meraviglia, però, è tanto più seria, in quanto essa si trova qui per la prima volta coscientemente di fronte alla morte, e, accanto alla caducità di ogni esistenza, le si rivela anche, con maggiore o minore consapevolezza, la vanità di ogni aspirazione. Con questa riflessione e con questo stupore nasce allora, unicamente nell'uomo, il bisogno di una metafisica: egli è dunque un animal metaphysicum."

A. Schopenhauer

mercoledì 11 agosto 2010

lunedì 2 agosto 2010







tendiamo a pensare che le cose siano state girate, come ad assolvere la fallibilità umana.

lunedì 26 luglio 2010

martedì 13 luglio 2010





I like when the skin exemplifies its essential status as the ultimate container of myself.

sabato 10 luglio 2010






Luigi V.

martedì 29 giugno 2010



Avvicinatevi, voi,
storti clivi collinosi
pomeriggi crepati di sole, voi,
bianchi respiri di tenda.

(Che silenzio...)

Vi raduno qui,
con ogni parola caduta
richiamo ogni telefonata stonata
inchiodo il muro
alla memoria sfocata.

(Hai confuso i miei piedi
con la tua testa,
hai sparato neve di carta
e polistirolo -
sei trasalito immobile
al sangue di commiato
sul nostro cuscino congelato.)

Chiamo voi tutti,
battute del cinema,
vecchie risate e stupidi pianti,
luce del mattino che invadi la piazza
e mezza o due,
comunque separate.

(Ma tu dormi ancora,
e temo di sapere il sapore
della spugna che hai gettato.)

Vi chiamo per salutarvi
per dirvi ciao senza motivo,
vi chiamo per farvi piangere
e piegare
siete qui per testimoniare
che qualcosa è successo
che chi è desto non si sveglia.

(Un'esplosione e la sua eco che la insegue!)

Vi chiamo per scusarmi,
per esaminare un momento la soglia
- pareva la cruna di un ago lontano
si scopre un campo di marmo -
àncora, un istante ancora
con una sporta in mano
poi un cenno senza capo.

Un foglio bianco non sa cosa dire,
nulla più del nulla sa dire il nulla.