giovedì 29 ottobre 2009
mercoledì 28 ottobre 2009
perfume: sulphur.
quattordici case quattordici. cinque abitanti cinque. una collina, alberi a perdita d'occhio, campi silenzio, tanto silenzio.
se trovi il giorno giusto, puoi vedere il sole intento a tagliare il obliquo la nebbia, a strappare la polvere dalle tende, a muoversi sulle lenzuola, predatore verso la preda. una preda immobile e disponibile.
prova a fare la strada all'incontrario, quella che si arrotola attorno alla collina. vedrai l'orizzonte, perfettamente lì, lontanissimo. scendi giù, a sinistra, cammina nel bosco - è proprietà privata - e guarda la miniera. non c'è più nessuno da quarant'anni. ma c'è ancora profumo di zolfo. era il profumo dell'elmetto di mio nonno, che là ci ha lasciato sudore e sangue, che là ci ha lasciato gli anni peggiori. i canarini morivano accanto agli uomini col piccone che aggredivano la roccia, e tutti fuori, a correre, fuori, all'aria, tra i boschi, ancora. niente aria, tutta l'aria. niente aria, tutta l'aria.
niente aria.
è stato tutto lasciato lì, solo il tempo si è accorto dei mattoni che cadevano, il loro rumore sulla terra umida, e il muschio.
è stato tutto lasciato lì, come un libro a prendere polvere, un libro di molte storie, tutte finite.
kiss my name.
(september, 2009)
martedì 27 ottobre 2009
work out.
lunedì 26 ottobre 2009
deadbynature
Questo è uno studio per un progetto in collaborazione con Mirko Artuso, per il laboratorio teatrale della compagnia "lealtreparole", che, dopo "La stanza delle spose", presenterà "La silenziosa danza", una performance teatrale sul tema della morte e del lutto. Il progetto è presentato nelle sue prime forme durante la rassegna teatrale "Società a Teatro", iniziativa coordinata dal CSV di Ferrara.
http://lealtreparole.blogspot.com/
http://www.ausl.fe.it/home-page/news/la-societa-a-teatro
truth
i do not love you anymore.
c'era una volta uno che aveva una bilancia che pesava la verità. ogni mattina, prendeva la verità, la tirava fuori dalla tasca, la teneva un attimo sul palmo della mano, con quello sguardo paterno con cui i padri dicono ai figli di usare il profilattico, che non si sa mai, e la appoggiava con la più soffice carezza paterna sulla bilancia. la freccetta (ancora c'erano le freccette, non i cristalli liquidi) sobbalzava un istante e si riportava frettolosamente sullo zero. frettolosamente.
una cosa solenne.
lui guardava il tanto amato sobbalzìo della freccetta - con negli occhi tutta l'ansiosa attesa di un padre fuori dalla sala parto - sorrideva soddisfatto , sospirando, riprendeva la verità, con due dita, che se si schiaccia è un casino, e - vellutato - la rimetteva nella tasca. faceva così. pesava, sobbalzìo, zero, sorriso sospirato e soddisfatto, velluto e tasca, di nuovo, anche quella mattina. così sapeva che ancora una volta la sua verità non valeva niente.
e allora sapeva che anche quel giorno era un uomo libero.
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